il disordine necessario

Ultima

Lara

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Lara
amata tra le parole
dimenticate
in mezzo alle labbra

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Non so se detestarti nella
fragilità che mi sfida ancora

o difenderti da tutto,

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Lara
che vede il mare dove non ci sta
che ride come una bambina con le braccia sui fianchi e i denti bianchi

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Ti mento volentieri dicendo che devo approfondire, Lara.
Devo approfondire l’emozione che allontano quando vado via,
quando chiudo la porta di casa tua e corro giù per le scale e quasi rido.

Quando non ti vedo e dico che va meglio.

Perché sei soltanto lo scherzo sbagliato che l’esperienza vuole fare a me, Lara,
il pericolo puro per chi ha tanto da fare con la sua esistenza.

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Lara
che nella paura
incontra la bellezza delle cose

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E’ paura, Lara, tutta questa bellezza.

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Tutta questa purezza che mi concedi mi fa quasi vergognare.
Per fortuna che tu ridi e credi ancora alle favole.

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Vuoi farmi vedere come si vince la paura.
Ridi e ancora ridi.

Me lo devi insegnare tu come si fa, Lara?

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Io non posso dirti, Lara.
Non posso dirti l’amore e il dolore, quello che porto nella carne.
Perché le parole incidono l’aria ed ho paura di non poter respirare più.
Resto muto a parlarti

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Lara

 

*   *   *

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… vorrei saper raccontare – o non raccontare – così,
la storia di Lara,

di un’altra Lara, che cammina e vive male,
che vive IL male,
per certe sue cellule guerriere e avverse alle favole
 
vorrei poter cantare, parole nuove per ogni suo sorriso, ogni suo pianto
ma da tempo sono orfano di voce e di poesia
e ora – esule angelo d’ali mozzate – ancor più
 
così, questo testo, questo video, questa voce
mi hanno raggelato la pelle e fuso il sangue
 
perchè
ad ogni parola che chiama sofferenza e dolore
da qualche parte
in qualche luogo
qualcuno sa – ha imparato
che l’unica risposta possibile
l’unica a guarire a salvare
a riparare
è e rimane
Amore.
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(da così lontano, ti vedo, Lara,
mentre mangi e mi chiedi cos’ho)

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Un fresco angolo d’inferno

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mano.passero

L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme.

Due modi ci sono per non soffrirne.

Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.

Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.


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 Italo Calvino

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… e nutrirlo e proteggerlo
giorno dopo giorno
riservandogli cure esclusive
vincendo le distrazioni
oltre i nostri stessi desideri

[Tempo.Spazio]

così
che possa un domani condurre
sino ad isole segrete
di un qualche paradiso provvisorio

dove
pregare che séguiti
nella sua distrazione da noi
l’inferno

 
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[cura ciò che ancora non sai d’amare]
[il Bene è paziente … ed ha memoria più del male]

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A Per Te

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Ora lo so.
Sono trentamila anni.
Che ho le mani blu.
Rosse, a volte.

A….per_Te

A lanciare un urlo.
Che frantumi i muri
di paure che ci separano
che sconfigga le tempeste
di parole che ci congelano
sino all’infinito giungere, sfinito
alla dimora rossa
del tuo cuore di granito.

A….per_Te

A chi?Amare l’impossibile
A impastare la terra
per farne Parole, nuove
prole in un Librocielo d’angeli
e foglie, figlie e radici
affinchè si salvi chi prega
perchè accada qualcosa
si sveli l’errore
o s’alzi improvvisa l’impronta
graffi(a)ta in cromodolore
a specchiare se stessa, positiva
sulle pareti di un Sogno.

A….Per_Te

Dovessi sentirmi.
Chiunque Tu sia.
Oltremare.
Oltre Te.

*

[ispirata a/da “Le mani negative” di M. Duras]
*
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era anche una dedica
una preghiera ignorata
naufragata e sommersa
tra i nessuno del mondo
a ferite e chiuse mani
(per anni 30mila!)
sfido ora il domani

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Super Jules


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Io cerco una goccia di pioggia
Appena caduta nel mare
In rapida verticale
Che più delle altre brillava
E sola tra tutte le gocce
Sembrava che avesse capito
Che, dolce, nell’acqua salata
Doveva per sempre sparire.
Da allora la cerco nel mare
La cerco per soddisfare
L’incerto ricordo del quale
Son io il solo custode.
Invano, perché ci son cose
Che nemmeno Dio puó fare
Per quanto si sforzi davvero
E goda del valido aiuto
Dell’aria del cielo e del mare.
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 da “La fable du Monde”.
La goccia di pioggia (Dio parla)

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supervielle_jules_homesick_for_the_earth

 ..

È bello avere scelto
Di vivere la vita
E collocare il tempo
Dentro un cuore infinito,
E avere visto le sue mani
Posarsi sopra il mondo
Come su di una mela
In un orto concluso,
Avere amato la terra,
La luna e il sole
Con un’intimità senza pari,
E avere affidato
Il mondo alla sua memoria
Come un cavaliere luminoso
Si concede al suo cavallo nero,
Avere dato un volto
A queste parole:
Donna, bambini,
Di continenti erranti,
E aver ferito l’anima
A piccoli colpi di remo
Per non impaurirla
Con un urto improvviso.
È bello aver conosciuto
L’ombra sotto le foglie
E avere sentito l’età
Arrampicarsi sul corpo nudo
Avere accompagnato
Lo scorrere doloroso
Di sangue cupo nelle vene
E reso lucente come oro il silenzio
Della stella Pazienza,
E avere tutte queste parole
Che si muovono nella testa
Scegliere le meno belle
Per regalare loro un momento di festa,
Aver sentito la vita
Frettolosa e poco amata
E averla imprigionata
In questa poesia.


Inno alla vita

* * *

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Supervielle poeta, ma anche valente scrittore:

La bambina dell’oceano, pubblicato nel 1931 (ed. Marcos y Marcos, 1987), è il primo di otto racconti inclusi nella raccolta omonima. Questa bambina senza nome vive in un villaggio situato proprio sull’oceano ed attraversato da una strada d’acqua, un villaggio totalmente disabitato ma non per questo in rovina. Quando all’orizzonte compare un’imbarcazione, la bambina s’addormenta subito profondamente, ed il villaggio scompare sotto la superficie marina; la bambina non riesce a parlare, ma va regolarmente a scuola: una scuola senza classi e senza insegnanti, ma lei i libri li ha, e li mette tutte le mattine diligentemente nella sua grande cartella. Solo una volta un piccolo cargo riesce a transitare su quella strada d’acqua senza provocare lo sprofondamento del villaggio e senza che la bambina cada nel sonno: lei si mette a gridare “aiuto!” ai marinai che le passano vicinissimi senza vedere né lei né le case che sfiorano con le fiancate del cargo. L’atmosfera sospesa tra incubo e racconto fiabesco si scioglie nel finale straziante, “Marinai che sognate in alto mare, i gomiti appoggiati al parapetto, guardatevi dal pensare a lungo nel buio della notte, a un viso amato.”: quella del racconto è infatti un essere “che non può vivere, né morire, nè amare e tuttavia soffre come se vivesse, amasse e fosse sempre sul punto di morire”, cui una notte un marinaio aveva dato vita autonoma, pensando con disperazione alla figlia dodicenne che aveva perduto mentre era assente per uno dei suoi viaggi.  (dal web)

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Il ragazzo della domenica … e degli altri giorni

“… vantò l’approvazione incondizionata di Eugenio Montale, come noto non tenero con i colleghi di penna. Celebre soprattutto come poeta, ma romanziere di vaglia, Jules aderì al surrealismo, non senza ritagliarsi uno spazio proprio. […] Secondo Giancarlo Pontiggia, autore di un’acuta ’Introduzione’, ci si trova davanti a un ” vero e proprio testo di poetica informa narrativa”. Il ragazzo della domenica è però molto di più. Il tema supervielliano dell’approdo nel razionale e nella scrittura della sfera onirica e ’surreale’ è presente all’appello. La descrizione del poeta come ’sognatore’, pure. Non mancano i riflessi autobiografici: l’esordio lirico sotto le insegne dell’usurato romanticismo, la doppia vita francese e uruguaiana. Ma la rete dei messaggi è molto più fitta. Il topos delle metamorfosi, caro alla tradizione occidentale, è trattato in maniera inconsueta. Né principio ordinatore del mondo, come in Ovidio. Né simbolo di claustrofobica immobilità, come in Franz Kafka. Il lettore non potrà fare a meno di interrogarsi, come lo stesso Apestègue , indeciso su come chiamare la parte di sé in viaggio da un essere all’altro, a un certo punto addirittura alle prese con la rivolta delle ’anime’ dei propri organismi. Tavolozza di richiami culturali ricchi, da Virgilio a Pitagora, da Agrippa alla metempsicosi e alla psicanalisi. Un cubo di Rubik le cui facce non combaciano mai.”  (tratto da “Il Foglio” – 19.09.2001) 

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ll ragazzo della domenica… e degli altri giorni
Ed. Meridianozero – 144 pp.

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 Jules Supervielle

(poeta. scrittore. visionario. Montevideo 1884 – Parigi 1960)

J. Supervielle

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“Sarei molto imbarazzato nel dire se devo di più a Omero o alla linea

del transatlantico che fa servizio tra Bordeaux e Montevideo”

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Come casa

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Un giorno incontriamo la persona giusta.

Restiamo indifferenti, perché non l’abbiamo riconosciuta. Passeggiamo con la persona giusta per le strade di periferia, prendiamo a poco a poco l’abitudine di passeggiare insieme ogni giorno. Di tanto in tanto, distratti, ci chiediamo se non stiamo forse passeggiando con la persona giusta: ma crediamo piuttosto di no. Siamo troppo tranquilli, la terra e il cielo non sono mutati; i minuti e le ore fluiscono quietamente, senza rintocchi profondi nel nostro cuore. Noi ci siamo sbagliati già tante volte: ci siamo trovati in presenza della persona giusta, e non la era […].

Per settimane e mesi, passiamo i giorni con la persona giusta, senza sapere: solo a volte, quando rimasti soli ripensiamo a questa persona, la curva delle sue labbra, certi suoi gesti inflessioni della voce, nel ripensarli, ci danno piccolo sussurro al cuore: ma non teniamo conto d’un così piccolo, sordo sussulto. La cosa strana, con questa persona, è che ci sentiamo sempre così bene e in pace, con un largo respiro, con la fronte che era stata così aggrottata, torva per tanti anni, d’un tratto distesa; e non siamo mai stanchi di parlare e ascoltare. Ci rendiamo conto che mai abbiamo avuto un rapporto simile a questo con nessun essere umano; tutti gli esseri umani ci apparivano dopo un po’ così inoffensivi, così semplici e piccoli; questa persona, mentre cammina accanto a noi col suo passo diverso dal nostro, col suo severo profilo, possiede una infinita facoltà di farci tutto il bene e tutto il male.

Eppure noi siamo infinitamente tranquilli.

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Da “Le piccole virtù” _ Natalia Ginzburg  

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2010-08-25Un bambino
tiene con istintiva fiducia
la mano del genitore
sa che per lui quella è
la mano più sicura al mondo
non si chiede il perché
non se l’è mai chiesto.
E’ tranquillo.

 

Forse
la persona ‘giusta’
è quella che
con gesti educati e
leggeri
sa farci ‘rinascere’
ecco perché come bambini
ad essa ci affidiamo
non sappiamo il  motivo
(e nemmeno ci importa).
Siamo tranquilli.

E basta.

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Il sogno negli occhi

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 ‘‘Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi. A seconda del tipo di sguardo sotto il quale vogliamo vivere potremmo essere suddivisi in quattro categorie. La prima categoria desidera lo sguardo di un numero infinito di occhi anonimi. La seconda categoria è composta da quelli che per vivere hanno bisogno dello sguardo di molti occhi a loro conosciuti. C’è poi la terza categoria, la categoria di quelli che hanno bisogno di essere davanti agli occhi della persona amata. E c’è infine una quarta categoria, la più rara, quella di coloro che vivono sotto lo sguardo immaginario di persone assenti.

Sono i sognatori. ’’

 

Milan Kundera

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Christophe Dessaigne - I Am A Stranger

–          E coloro che
invece
cercano qualcuno
cui offrire
il
loro sguardo?

–          Ah! quelli
sono i sognatori
feriti e derubati!

–          Soffrono
eppure

s’offrono?

–          Solo così
ti puoi sentire ancora vivo …
quando nessuno
incrocia più il tuo sguardo
quando nessuno
lo cerca
quella
è la sofferenza
più atroce

 

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Momenti

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<< Nella vita di ciascuno di noi esistono momenti – quando la porta sbattuta all’improvviso e senza alcun visibile motivo di colpo si riapre, quando lo spioncino chiuso un attimo fa viene di nuovo aperto, quando un brusco “no” che sembrava irrevocabile si muta in “forse” -, momenti in cui il mondo intorno a noi si trasfigura, e noi stessi ci riempiamo di speranza come di nuovo sangue. E’ stata concessa una proroga a qualcosa di ineluttabile, definitivo; il verdetto del giudice, del dottore, del console, è stato rinviato. Una voce ci avverte che non è tutto perduto. E con gambe tremanti e lacrime di gratitudine passiamo nel locale adiacente, dove ci pregano di “aspettare un poco

prima di spingerci nel baratro. >>
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Da “Il giunco mormorante” _ Nina Berberova

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arno rafael minkkinenarno rafael minkkinen
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Il viaggiatore

*

*

*

Io sono il viaggiatore e viaggio e viaggio,
viaggio attraverso i bassifondi delle città,
vedo le stelle venir fuori dal cielo,
yeah il cielo splendente e vuoto,
sai, sembra così bello stanotte,

io sono il viaggiatore,
io stò sotto il vetro,
guardo attraverso la mia finestra così lucente,
vedo le stelle venir fuori stanotte
vedo il cielo splendente e vuoto
sui bassifondi squarciati della città,
e tutto è così bello stanotte
cantando la la la…

entra nell’auto,
noi saremo il viaggiatore,
viaggeremo attraverso la città stanotte,
vedremo i bassifondi squarciati della città,
vedremo il cielo splendente e vuoto,
vedremo le stelle che brillano così splendenti,
stelle fatte per noi stanotte.

oh il viaggiatore,
come viaggia?
oh il viaggiatore
e lui viaggia e viaggia.
guarda attraverso le sue finestre,
che cosa vede?
vede il cielo segnato e vuoto,
vede le stelle venir fuori dal cielo,
vede l’oceano un viaggio sinuoso,
e tutto è stato fatto per te e me stanotte,
tutto questo è stato fatto per te e me,
perchè questo appartiene solo a te e me
allora facciamo un viaggio e vediamo cosa è mio,
cantando la la la…

oh il viaggiatore,
viaggia e viaggia,
vede cose da sotto il vetro,
vede cose dalla sua parte di finestra,
vede le cose che sa che sono sue,
vede il cielo splendente e vuoto,
vede la città dormire di notte,
vede le stelle che sono fuori stanotte
e tutto questo è tuo e mio
e tutto questo è tuo e mio
allora facciamo un viaggio e un altro e un altro
cantando la la la…

 

The Passenger _ Iggy Pop

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Il sapore della libertà

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Ognuno ha le sue prigioni , mentali, fisiche.
Ognuno ci convive.
Ma quando le pareti cominciano a restringersi, le facce diventano anonime.
Quando lo specchio comincia a darti del tu
quando i marciapiedi ti provocano vertigini e la strada sembra il tuo tappeto rosso
metti insieme il tuo bagaglio.
Riempilo di ricordi, speranze, parole, storie vissute e storie da vivere
riempilo di emozioni, musiche, liti, illusioni d’epoca, domande e risposte.
Trovati un amico e comincia la condivisione , l’esplorazione.
Vai a caso, lascia le tue lacrime sul cuscino, incontrati con la vita, scontrati con il dolore ruba l’amore.
Non avere una meta ma cento, prova a ritornare perché il ritorno dà senso al viaggio.
Pensa a Polifemo e alla sua solitudine e rispetta la solitudine altrui.
Gira intorno al mondo non girare con lui.
Affrancati da te stesso e dall’attesa.
Per amare la vita bisogna tradire le aspettative.

Guardati intorno e guardati da chi si professa libero.
Il sapore della libertà è la paura.
Solo chi ha paura della libertà ha il coraggio di inseguirla.

Da “Le cento città” _ Vincenzo Costantino Chinaski

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Patrick Gonzales - Picking the clouds
Patrick Gonzales
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Da qualche parte

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<<So che da qualche parte lei esiste. Ho sempre saputo d’essere venuto al mondo solo per

incontrarla. E per lei è lo stesso. Lei è venuta al mondo solo per incontrarmi. Si chiama Line,

è la mia donna, il mio amore, la mia vita. Non l’ho mai vista.>>


da “Ieri” _ Kristof  Agota

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sopra le nuvole

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Ci sono parole

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Ci sono parole

che uccidono

più della morte

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e anche se hai vinto

già più sepolture

quella la cui lapide

porta incisa

col tuo sangue versato

l’ingiuria

“Nessuno”

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quella

quella sarà il tuo supplizio

la tua crocifissione segreta

il tuo pianto

alla vita

il tuo tormento

ad aeternum.
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(non sgomenta la morte

quanto la voce mandante)

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Tommy Ingberg - Stone Pt1Tommy Ingberg

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Migrazioni della memoria

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Emig. it.

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’’Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali. Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione.’’

Da una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912.

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A ciascuno le proprie conclusioni.

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E’ sempre

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erica jong

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È sempre la stessa storia:
lui amava lei,
poi ha smesso,

invece lei
no.

È sempre la stessa storia:
lei amava lui,
poi ha smesso,
invece lui
no.

La verità è una:
per amore
non si muore.

Lo si vorrebbe
e basta.

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Erica Jong

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Altrimenti

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Moles

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Da Chatwin ad Hemingway, si sa, la moleskine è stata fedele compagna di viaggio e di vita … i diari sono frammenti personali di mondo dove ci si rifugia per esprimere conforto a sè stessi.

Ma le vere parole che ci arrivano in profondità, a sradicare ogni pagina pensata, sono quelle già scritte sottopelle, che leggiamo in braille tra un sospiro e un pianto, mentre la vita ci detta percorsi improvvisati. Il dolore, come le gioie, sono solo tappe obbligate del Viaggio, attraverso le quali riscattiamo la nostra condizione di profughi in un’esistenza – altrimenti – priva di significato e, altrimenti, troppo sottile per essere afferrata, combattuta, vissuta.

Altrimenti troppo arida per berne il sangue – avidi – e ridere, beffardamente, di tutto ciò.

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Gli occhi

Gli occhi
dicono la verità
occhi che si aprono
tirano via il superfluo:

occhi

non parole

occhi

non promesse;

lavoro con i miei occhi
costruendo
riparando
ricostruendo
qualcosa di simile ad uno sguardo umano
ad una poesia d’uomo
ad un canto lontano del bosco.
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da “La figlia dell’insonnia” _ Alejandra Pizarnik

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Filipoiu Marius - §§Filipoiu Marius

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Evoluzione (?)

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l’idea che l’uomo sia sin dall’inizio dei tempi la meta prestabilita di ogni evoluzione naturale mi sembra il paradigma della cieca superbia che precede la caduta. Se dovessi credere che un dio onnipotente ha creato intenzionalmente l’uomo attuale così com’è rappresentato dall’esponente medio della nostra specie, allora sì che dubiterei dell’esistenza di dio.

Lorenz Konrad

_henkel-lars_konrad-lorenz

Uno solo, solo uno

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“Un giorno il mondo rimase in silenzio”

(A. Gamoneda)

Christophe Dessaigne - The Great AdventureChristophe Dessaigne

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Se ne fossimo veramente capaci,
per un solo unico giorno,
ci sarebbe rivelata l’Essenza del Tutto.
Ma noi, miseri esseri illusi, col nostro continuo brulichio nella ricerca del nulla,
soffochiamo il sospiro primitivo delle cose.
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Ignorando che la Verità,
è spesso muta.

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La luce, come le emozioni, ed i brividi e le lacrime,

e i fiori sbocciare e la neve cadere,
non hanno voce.
Ma atroce sarebbe il silenzio urlato
dalla loro assenza.

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Non capirsi

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Amani Willett photoAmani Willett
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Non capirsi è terribile –
non capirsi e abbracciarsi,
ma benchè sembri strano,
è altrettanto terribile
capirsi totalmente.

In un modo o nell’altro ci feriamo.

Ed io, precocemente illuminato,
la tenera tua anima non voglio
mortificare con l’incomprensione,
né con la comprensione uccidere.

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Evgenij A. Evtusenko

                                                                                      .

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E’ la vita

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“E’ la vita. A volte credi che due occhi ti guardino e invece non ti vedono neanche. A volte credi d’aver trovato qualcuno che cercavi e invece non hai trovato nessuno. Succede. E se non succede, è un miracolo.

Ma i miracoli non durano mai.

Oriana Fallaci

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oriana-fallaci

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La speranza che ho sognato

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Che miseria il piacere: non egregio,
ma angusto privilegio,

per quanto dolce, breve

come la foglia che cadrà.
E’ gioia che non dura,
limitata misura.

Che delizia il dolore, quando sai
che domani te ne libererai.
Per quanto freddo e oscuro,
ti lascerà in futuro.
Che gusto quel dolore
che l’indomani muore

Memento mori

*

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La speranza che ho sognato era un sogno,

soltanto un sogno, mi risveglio ora,
sconfortata, esausta e vecchia,
per un sogno.

Appendo la mia arpa a un albero,
un salice piangente in un lago:
lì appendo l’arpa ammutolita, logora e spaccata,
per un sogno.

Sta’ quieto, sta’ quieto, cuore infranto,
cuore silenzioso, stai quieto e spezzati:
la vita e il mondo sono cambiati, ed io stessa,
per un sogno.

Miraggio

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Alla mia morte, amore,
meste canzoni non cantare,
al mio capo non piantare rose
né cipresso ombroso.

Ma l’erba sopra di me
irrora di piogge e rugiade,
e se ti piace ricorda
e scorda se ti piace.

Io non vedrò le ombre,
e le piogge non sentirò
né non vedrò l’usignolo
cantare, in lungo pianto.

Ma nel crepuscolo sognando
che non tramonta né risorge,
io ricorderò forse
e forse scorderò.

da “Tre canzoni”
Traduzione di Cristina Campo

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C. Rossetti

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 Christina  Georgina Rossetti

(poetessa. inglese. genitori italiani. londra, 1830 – 1894)

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Estranei

“È pura follia. Come puoi avvicinarti così tanto ad una persona da lasciarla scavare la tua anima?
Come puoi portarla in quei luoghi inaccessibili e lasciarla libera di esplorare ogni piega, ogni anfratto, finché non resta più niente da portare alla luce e sei totalmente esausto, messo a nudo. Poi un giorno siete solo due estranei.

L’intimità e i giorni passati insieme restano lì, appesi all’esile filo del ricordo.”

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da “Senza pudore” _ Helen Walsh

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Dave Anderson - Roadside ghostrDave Anderson

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Già.
Come ho potuto?

{ora, quel filo è una lama}

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Oltre le nubi

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Succede. Succede di non ritrovarsi. Ma non significa che ci si è persi. Stiamo solo attraversando nubi dense di incertezze, di mancanze, di desideri irrisolti. Succede, anche a chi sa volare alto. Ma le nubi non sono carceri, non hanno pareti di roccia o confini invalicabili. Le nubi non spengono la luce, la celano sin quando non siamo pronti a nuovi voli. Il cielo è sempre lì ad attenderci, paziente, le nuvole sono solo di passaggio, e ci ricordano che la luce va cercata, inseguita, anche quando ci sembra che vi sia solo il buio.

Solo chi si perde può ritrovare la sua via, e riconoscerla, tra le mille strade che portano al nulla.

(ad una persona cara)

 

Cig Harvey, Archeology, Untitled #13Cig Harvey

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No man’s land

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“Fin dai primi anni della mia giovinezza pensavo che ognuno di noi ha la propria no man’s land, in cui è totale padrone di se stesso. C’è una vita a tutti visibile, e ce n’è un’altra che appartiene solo a noi, di cui nessuno sa nulla. Ciò non significa affatto che, dal punto di vista dell’etica, una sia morale e l’altra immorale, o dal punto di vista della polizia, l’una lecita e l’altra illecita. Semplicemente, l’uomo di tanto in tanto sfugge a qualsiasi controllo, vive nella libertà e nel mistero, da solo o in compagnia di qualcuno, anche soltanto un’ora al giorno, o una sera alla settimana, un giorno al mese; vive di questa sua vita libera e segreta da una sera (o da un giorno) all’altra, e queste ore hanno una loro continuità.

Queste ore possono aggiungere qualcosa alla vita visibile dell’uomo oppure avere un loro significato del tutto autonomo; possono essere felicità, necessità, abitudine ma sono comunque sempre indispensabili per raddrizzare la “linea generale” dell’esistenza. Se un uomo non usufruisce di questo suo diritto o ne viene privato da circostanze esterne, un bel giorno scoprirà con stupore che nella vita non si è mai incontrato con se stesso, e c’è qualcosa di malinconico in questo pensiero.

Mi fanno pena le persone che sono sole unicamente nella stanza da bagno, e in nessun altro tempo e luogo.”

da “Il giunco mormorante” _ Nina Berberova

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Alessandro Zuek Simonetti - homeA. Zuek Simonetti

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E’ anche una terra di sofferenza, talvolta.

Ma morirei, al solo pensiero di non poterne respirare

l’aria.

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E se …

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Mario Jean - PassageMario Jean


Anima mia che metti le ali
e sei un bruco possente
ti fa meno male l’oblio
che questo cerchio di velo.

E se diventi farfalla
nessuno pensa più
a ciò che è stato
quando strisciavi per terra
e non volevi le ali.

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Anima mia _ Alda Merini

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L’unica preghiera

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altalena-albero-b.n.

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Tu non ricordi
ma in un tempo
così lontano che non sembra stato
ci siamo dondolati
su un’altalena sola

che non finisse mai quel dondolio
fu l’unica preghiera in senso stretto
che in tutta la mia vita
io abbia levato al cielo

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L’unica preghiera _ Michele Mari

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Ho tanto sognato

Louis Treserras - Fleur coupée ...Louis Tresseras
 
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Ho  tanto sognato di te che tu perdi la tua realtà.
C’è ancora tempo per raggiungere questo corpo vivente
e per baciare su questa bocca la nascita della voce che mi è cara?
Ho tanto sognato di te che le mie braccia abituate,
nello stringere la tua ombra, a incrociarsi sul mio petto,
forse neppure si piegherebbero al contorno del tuo corpo.

E che, davanti all’apparenza reale di ciò che mi assilla
e governa da giorni e da anni, senza dubbio diventerei un’ombra.
Oh altalene sentimentali!
Ho tanto sognato di te che indubbiamente non è più
il momento di svegliarmi. Dormo in piedi,
con il corpo esposto a tutte le apparenze della vita
e dell’amore e di te, la sola che conti oggi per me,
mi sarebbe più difficile toccare le labbra
e la fronte di quanto non mi sarebbe più difficile
toccare le labbra e la fronte del primo venuto.

Ho tanto sognato di te, tanto camminato, parlato,
dormito con il tuo fantasma che forse, e tuttavia,
non mi rimane che essere fantasma tra i fantasmi
e cento volte più ombra dell’ombra che passeggia
e passeggerà allegramente sul quadrante solare della tua vita.

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Ho tanto sognato di te _ Robert Desnos

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Quando …

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troisi.
“Quando si smette di amare, in genere non si ha la pazienza di aspettare che finisca bene. Si cerca la strada più breve: la rottura, la sofferenza. Invece ci vuole lo stesso impegno e la stessa intensità dell’inizio, bisogna superare gli egoismi, vivere questo momento con la stessa passione, far sentire alla persona lasciata tutto il bene che c’è stato:

ci vuole amore per chiudere una storia.”

Massimo Troisi

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Perchè …

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“Perché scrivi solo cose tristi?”
“Perché quando sono felice esco.”

[Intervista a Luigi Tenco]

luigi-tenco-inediti-09

(un inconsapevole blogger ante litteram?)

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Revolutionary reality

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Matthieu G. - Brain washMatthieu G

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’’ Al diavolo la realtà! Dateci un bel po’ di stradine serpeggianti e di casette dipinte di bianco, rosa e celeste; fateci essere tutti buoni consumatori, fateci avere un bel senso di Appartenenza e allevare i figli in un bagno di sentimentalismo ― papà è un grand’uomo perché guadagna quanto basta per campare, mamma è una gran donna perché è rimasta accanto a papà per tutti questi anni ― e se mai la buona vecchia realtà dovesse venire a galla e farci bu!, ci daremo un gran da fare per fingere che non sia accaduto affatto.’’

da “Revolutionary Road” _ Richard Yates

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Una sola dottrina

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’’La dottrina di Gesù e di Lao Tze, la dottrina dei Veda e la dottrina di Goethe sono, per ciò in cui esse concernono l’eternamente umano, le stesse. Vi è solo una dottrina. Vi è solo una religione. Vi è solo una felicità. Migliaia di forme, migliaia di profeti, ma solo un richiamo, solo una voce. La voce di Dio non viene dal Sinai né dalla Bibbia, l’essenza dell’amore, della bellezza, della santità non risiede nel Cristianesimo, né nell’antichità, né in Goethe, né in Tolstoi – risiede in te, in te e in me, in ognuno di noi. Questa è l’antica, unica ed eternamente vera verità. E’ la dottrina del ‘regno dei cieli’, che noi portiamo nel più profondo di noi.’’

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Hermann Hesse ritratto

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Hermann Hesse

 

Un altro freddo

 .

Alexey Titarenko

Alexey Titarenko Photo.
Mi sono vestito lentamente, una
camicia
.
scura, un paio di jeans;
fa molto freddo e mi
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metto una giacca
di panno nero con le scarpe
.
grosse;
portafoglio, occhiali, orologio, e giù in
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strada, un giorno come gli altri.
Di fronte alla
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prima vetrina
la vertigine mi assale e capisco
.
che il freddo da evitare è un altro freddo,
che
.
sono quasi nudo:
sono uscito come tante altre
.
volte
con tutto il cuore allo scoperto.

 .

Enrique Gracia Trinidad

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Quel vuoto

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“… era indubbio, quella gente non sognava il cibo. perché? perché non aveva fame. non aveva mai avuto fame. la mia fame non è da intendersi nel senso più ampio: se fosse stata solo fame di alimenti, forse non sarebbe stata così grave. ma esiste una fame che è solo di cibo? esiste una fame del ventre che non sia indizio di una fame più generalizzata? per fame, intendo quel buco spaventoso di tutto l’essere, quel vuoto che attanaglia, quell’aspirazione non tanto all’utopica pienezza quanto alla semplice realtà: là dove non c’è niente, imploro che vi sia qualcosa.”

da “Biografia della fame” _ Amelie Nothomb

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Mi fa male …

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Mi fa bene soltanto l’idea
che si trovi una nuova utopia …
litigando col mondo.

[Giorgio Gaber]

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Non avresti dovuto

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patrick_van't_hoffPatrick Van’t Hoff

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“Finora tu hai perso molte cose. Molte cose preziose. Il problema non è sapere di chi è la colpa. Il problema è che tu attaccavi sempre qualcosa di te a tutte le cose che perdevi. Non avresti dovuto. Avresti dovuto tenere qualcosa da parte per te, invece di lasciarla andare via con il resto. Così ti sei consumato a poco a poco. […] Anche se tu ricominci da capo, e riesci a rimettere a posto la tua vita, è probabile che tu rifaccia le stesse cose. È una tendenza. E quando si supera un certo punto, non si può più tornare indietro.”

da “Dance dance dance” _ Murakami Haruky

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Dell’Albero e Noi

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Sì, Amore è sapere che noi siamo quell’albero e la terra che lo nutre, le sue foglie sono anche nostre figlie, beviamo la stessa acqua e soffriamo lo stesso freddo. Quando fiorisce, tu piangi commosso. Se gli incidi il tronco, tu perdi sangueNoi siamo gli infiniti punti del Cerchio, che, come una catena, si spezza se l’anello più debole cede.

Anche per questo si dice che

l’Amore

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torna.

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Incontro

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Salih Güler Photographer.-La femme et l'homme...

Salih Guler

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Esitammo un istante,
e dopo poco riconoscemmo
di avere la stessa malattia.

Non vi è definizione
per questa mirabile tortura,
c’è chi la chiama spleen
e chi malinconia.

Ma se accettiamo il gioco
ai margini troviamo
un segno intelleggibile
che può dar senso al tutto.

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Incontro _ Eugenio Montale

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Gli addii

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Berenika - 1000 miles to homeBerenika

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Avrei voluto non avere visto dell’uomo, la prima volta che entrò nel negozio, nient’altro che le mani; lente, intimidite e goffe, con movimenti senza fiducia, affilate e ancora non scurite dal sole, quasi a voler chiedere scusa per il loro gestire disinteressato. Mi fece alcune domande e prese una bottiglia di birra, in piedi all’estremità più in ombra del bancone, con il viso – sullo sfondo del calendario, dei sandali e dei salami imbiancati dagli anni – rivolto verso l’esterno, verso il sole dell’imbrunire e il viola sfumato delle montagne, mentre aspetta va l’autobus che lo avrebbe lasciato davanti ai cancelli dell’albergo vecchio.
Avrei voluto non avergli visto altro che le mani, mi sarebbe bastato vederle quando gli diedi il resto dei cento pesos e le sue dita strinsero i biglietti, cercarono di ordinarli e, subito, per improvvisa decisione, li appallottolarono e li nascosero con pudore in una tasca della giacca; mi sarebbero bastati quei movimenti sopra il legno pieno di fessure riempite di unto e di sudiciume per capire che non si sarebbe curato, che non aveva nessuna idea da cui trarre la volontà di curarsi.
In genere mi basta vederli, e non ricordo di essermi mai sbagliato; ho sempre formulato i miei pronostici prima di sapere l’opinione di Castro o di Gunz, i medici che abitano in paese, senza altri dati, senza avere bisogno di altro che di vederli arrivare al negozio con le loro valigie e le loro quote diverse di vergogna e di speranza, d’ipocrisia e di sfida.

Li guardo, nient’altro, a volte li ascolto; l’infermiere non lo capirebbe, e forse neppure io lo capisco del tutto; intuisco l’importanza che ha per loro quello che hanno lasciato, l’importanza che ha quello che sono venuti a cercare, e confronto una cosa con l’altra.

Non è che ritenga impossibile curarsi, ma non crede nel valore, nell’importanza di curarsi.

… … …

Non posso dire se l’avevo vista prima o se la scoprii in quel momento,
appoggiata allo stipite della porta:
una parte della sottana, una scarpa, un lato della valigia
che entravano nel fascio di luce delle lampade.
Può darsi che io non l’abbia vista neppure allora,
nel momento in cui cominciò l’anno,
e che abbia solo immaginato, non ricordo,
la sua presenza immobile situata con esattezza
fra la baldoria e la notte.

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da “Gli addii”

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Juan Carlos Onetti

 (Montevideo, 1909 – Madrid, 1994)

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In me

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In me c’è qualcosa di rotto.
Sono come l’orologio che si ferma
poco dopo averlo caricato,
come il piatto incrinato che non torna
nuovo se anche
lo incolli con cura.

In me c’è qualcosa di schiacciato.
Sono come il tubetto di dentifricio
quando nulla ne esce
se anche lo premi,
come la pallina da ping-pong ammaccata
che non può tenere più in gioco
nemmeno un buon giocatore.

Ci sono oggetti distrutti e schiacciati
dal principio, senza motivo, in me:
l’ombrello che non sta aperto, il violino
fuori uso e i sandali coi cinturini rotti,
il rubinetto intasato, il flauto
sfiatato, la lampada consumata.

Eppure non mi perdo di morale,
l’ira non mi trascina, né mi tormento
come una volta, anzi mi auguro
di potermi riempire
di quelle cose inutili,
restando distrutto e schiacciato,
in questo trovando il mio orgoglio.

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In me _ Kikuo Takano

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